Alla guerra segue il dopoguerra e saremo tutti compensati

compensati

Ci sono alcuni allarmanti parallelismi fra il difficile momento storico che stiamo vivendo e la seconda guerra mondiale, soprattutto quando parliamo di rinascita.

L’associazione più immediata va ai morti, agli interventi statali, ai forti cambiamenti sociali, allo stato di emergenza.

Sì, sembrano paralleli polverosi ma sono sotto gli occhi di tutti, come la situazione dei lavoratori, le fabbriche riconvertite, il forzato cambiamento delle abitudini e soprattutto quel sentimento che ci accomuna: la paura.

Oggi come allora si tratta di un avvenimento mondiale, destinato a cambiare gli equilibri dell’intero sistema.

Ciò che è mancata oggi cogliendoci di sorpresa e impreparati è stata una Ufficiale Dichiarazione di Guerra.

Quella dichiarazione che ci si aspetta arrivi da un momento all’altro, quella che ti fa correre ai ripari armandoti, rifugiandoti, schierandoti…

Il mondo coinvolto nella guerra al COVID-19 non esclude nessun stato e nessuno può decidere se entrarci o non entrarci e con chi allearsi.

Siamo in una guerra che ci vede tutti alleati, non ci sono schieramenti, c’è una unica dichiarazione di guerra contro un nemico invisibile ma altrettanto presente: il COVID-19.

Restando in questo parallelo storico possiamo prevedere che alla guerra succeda il dopoguerra, il periodo della conta, ma anche della ricostruzione e della ripartenza.

“Il festeggiamento che seguì si concluse praticamente all’alba, con canti e danze. […]

La guerra era finita”.

Il Dopoguerra che c’è stato e quello che ci aspettiamo

Il secondo dopoguerra favorirà l’avvio del periodo più spettacolare di crescita economica che l’umanità intera abbia mai sperimentato.

Un periodo che terminerà solo nei primi anni ’70 con conseguenze profonde sugli assetti internazionali, sulla vita dei singoli paesi e sulla psicologia individuale e di massa.

Anche la scuola italiana vedrà dei notevoli cambiamenti a partire dalle riforme degli anni ’60.

L’intento? Ripensare il sistema educativo per ridurre la separazione fra classi sociali che ispirava l’ordinamento scolastico precedente.

La legge n. 1859 che nel 1962 segnerà la nascita della scuola media unica dando l’input a quella che sarà definita la scuola di massa: tutti potevano accedere all’istruzione superiore anche i figli delle famiglie dei ceti più umili.

Come sarà il nostro dopoguerra al COVID-19 che affronteremo, ne siamo sicuri, da vincitori?

Come diceva Winston Churchill: “I problemi della vittoria sono più piacevoli di quelli della disfatta, ma non sono meno ardui”.

‘Sarà fondamentale accettare che le cose sono cambiate.
Che è cambiato il nostro ruolo professionale.
Che ci piaccia o no, non siamo gli stessi uomini/donne del 2019.
Stiamo vivendo qualcosa che ci sta cambiando e che, se abbiamo il coraggio di accettare, ci offre la possibilità di migliorarci.’

Possiamo prevedere – augurandoci che succeda – che recupereremo i concetti di solidarietà e di socialità e il prenderci cura degli altri.

Che riscopriremo il valore della bellezza e delle arti.

Che la rete diventerà veramente sociale e democratica.

Che si valorizzeranno nuove metodologie di lavoro.

Dal punto di vista scolastico… che Saremo Tutti Compensati.

I Cambiamenti, quelli Buoni

Il lockdown sta costringendo la scuola ad usare strumenti nuovi per garantire l’apprendimento agli studenti.

Si sta verificando qualcosa di mai visto prima d’ora: gli insegnanti arrivano agli studenti (direttamente a casa loro) e non viceversa.

Questo è un aspetto non indifferente, perché l’insegnante è ‘costretto’ ad adattarsi ad un metodo diverso per andare incontro alle necessità di apprendimento di uno studente e questo lo porta a mettersi in discussione, a rivalutare la metodologia, a pensare a cambiamenti nel suo modo di fare didattica.

“La didattica a distanza, in queste difficili settimane, ha avuto e ha due significati. Da un lato, sollecita l’intera comunità educante, nel novero delle responsabilità professionali e, prima ancora, etiche di ciascuno, a continuare a perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola”, ma “non a scuola” e del fare, per l’appunto, “comunità”. Mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combatte il rischio di isolamento e di demotivazione. (…) Dall’altro lato, è essenziale non interrompere il percorso di apprendimento. (…) Ma è anche essenziale fare in modo che ogni studente sia coinvolto in attività significative dal punto di vista dell’apprendimento, cogliendo l’occasione del tempo a disposizione e delle diverse opportunità (lettura di libri, visione di film, ascolto di musica, visione di documentari scientifici…) soprattutto se guidati dagli insegnanti.”

Fonte

Una Scuola Più Digitale? È la Benvenuta

Diventeremo tutti digitali per la beatitudine di chi ha un Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

Ci stiamo abituando ad usare gli strumenti digitali, che sono anche strumenti compensativi per alcuni studenti.

Ci auguriamo che questa abitudine non venga meno, che anche quando riprenderanno le lezioni frontali non si abbandoni l’uso dei compiti fatti col pc, delle fotocopie scritte con un font leggibile (abbandonando il corsivo a volte mal fotocopiato dell’insegnante), della calcolatrice, della sintesi vocale anche in classe, dei vocabolari digitali e, perché no, delle registrazioni delle lezioni.

Soprattutto, ci auguriamo che grazie a questa sperimentazione forzata dagli eventi, gli insegnanti possano diventare più elastici nel cambiare la metodologia di insegnamento, in base alle caratteristiche degli studenti di una classe.

La lezione frontale diventerà una lezione digital-frontale.

Quindi, ci auguriamo che in questo ‘dopoguerra’ finalmente non si parlerà più di compensazione perché saremo tutti compensati.

Il disturbo di apprendimento verrà diagnosticato ma la compensazione avverrà fin da subito, perché rientrerà nella routine di insegnamento.

Ed ecco che ogni caratteristica di apprendimento rientrerà nella normalità.

Questa esperienza didattica, l’uso di strumenti nuovi per molti insegnanti, di nuovi metodi di comunicazione non potrà non avere conseguenze nel pensiero e nel modo di elaborare la realtà con la quale abbiamo costantemente a che fare.

Sarà una scuola migliore quella del dopo COVID-19.

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