I ragazzi non sanno leggere perché per studiare leggono tre volte.

Questo è ciò che è emerso dal rapporto Pisa, il Programme for International Student Assessment, promosso dall’Ocsa con lo scopo di valutare l’andamento e la qualità del sistema educativo di alcuni paesi occidentali, più il Giappone.

Il rapporto ha fatto nascere emozioni contrastanti.

C’è chi aveva già dato per scontato un risultato così catastrofico, chi lo ha portato agli onori della cronaca facendolo diventare un caso nazionale (a ragione), chi ne ha discusso in famiglia e al lavoro…

La conclusione a cui più o meno tutti sono arrivati è la stessa: ma come siamo messi in Italia?

La risposta è male, molto male, perché il primo e più significativo dato emerso da questo rapporto parla di un calo vigoroso della capacità di lettura degli studenti italiani: 11 mila tutti di 15 anni, che hanno totalizzato un punteggio di 476, vale a dire più basso della media di tutti i paesi Ocse.

Significativo il calo registrato fra gli studenti del nord-est Italia, notoriamente quelli con più possibilità di accedere a scuole di qualità: la loro capacità di lettura è scesa di ben 26 punti rispetto al 2000.

Meglio le ragazze rispetto ai ragazzi, non però nelle materie scientifiche, in particolare nella matematica, dove i ragazzi hanno superato le colleghe con una media di 16 punti.

Capacità di Lettura: un Quadro Generale Sconfortante

Il quadro generale sulla capacità di lettura è sconfortante: i ragazzi italiani non capiscono quello che stanno leggendo e, di conseguenza, non lo imparano.

Su questo problema abbiamo fatto delle riflessioni.

Riflessioni che vanno un po’ indietro nella carriera scolastica dei ragazzi, perché il nodo della questione dovrebbe essere sciolto molto prima che arrivino a questo punto.

Succede, infatti e molto più spesso di quel che si crede, che i ragazzi mantengano anche alle superiori, lo stesso metodo di studio che hanno appreso alle elementari.

In altre parole, i ragazzi già adolescenti mantengono la metodologia che hanno acquisito in prima o seconda elementare, quando la maestra faceva loro leggere per casa un brano cinque volte.

Ok, questo metodo funziona benissimo quando si sta imparando a leggere o quando ci si vuole migliorare nella lettura, perché stiamo parlano di un’automatizzazione.

Nella pratica si automatizza un procedimento per cui serve esercizio (a meno che non ci siano disturbi quali la dislessia, in questo caso la caratteristica è proprio non riuscire ad automatizzare neanche con l’esercizio).

Ma gradualmente, questa metodologia deve essere abbandonata, a favore di un metodo di lettura e di conseguente studio che vada ben oltre!

Leggere tre volte alle medie e alle superiori per studiare significa, infatti, non avere la minima idea di cosa vuol dire studiare.

Studiare significa apprendere, significa capire, collegare e di conseguenza prendere un bel voto nella verifica.

Significa anche sapersi autovalutare, autorganizzare, automonitorarsi, autoistruirsi, in una parola significa AUTONOMIA.

Viceversa, leggere tre volte significa imparare a memoria, cosa che può funzionare con alcuni insegnanti (ancora esistenti purtroppo) perché fanno ripetere l’argomento così come viene, ma che mette quasi sempre in difficoltà lo studente, soprattutto quando la domanda è posta in modo non diretto.

Quando abituato a leggere e imparare a memoria, lo studente non sa infatti elaborare ciò che dice, si limita a ripetere.

Se lui o lei hanno letto per tre volte che l’Italia confina con l’Austria, alla domanda con che paesi confina l’Austria potrebbero omettere l’Italia.

Perché non stanno maturando il pensiero laterale e non riescono a partire da basi di conoscenza piene, ma sole dirette a ciò che hanno letto e imparato a memoria, punto.

capacità di lettura

La tragedia arriva alle superiori!

Alle scuole superiori si pretendono i collegamenti, il ragionamento, il saper affrontare domande non dirette, il sapersi anche svicolare quando non si conosce bene la risposta…

Questo lo sa fare chi sa usare le conoscenze in modo ‘intelligente’ perché ha imparato a studiare raccogliendo le informazioni che già possiede, aggiungendo le informazioni che trova sul testo scolastico e collegando magari l’argomento con altre materie o con cose viste e sentite in qualche documentario o lette in qualche libro.

In questo caso lo studente ha già vinto!

Quindi non serve leggere tre volte, spesso può bastare una volta sola ma fatta bene.

Come?

Cosa possiamo fare noi professionisti per invertire questa tragica tendenza e dare ai ragazzi la possibilità di imparare davvero?

La Lettura Pensante

I professionisti possono invertire la tendenza promuovendo una lettura pensante.

Una lettura con pause che servono a mettere in ordine le idee.

Una lettura che aiuta i ragazzi a tornare indietro su ciò che hanno letto in precedenza, perché le cose si collegano e questa connessione deve essere scoperta, colta e approfondita.

Una lettura che, mentre lo studente sta studiando una materia, ne fa meravigliosamente venire in mente un’altra.

capacità di leggere

Una lettura che permette ai ragazzi di farsi aiutare, di comunicare quando non stanno capendo, perché il non capire è un ottimo segnale!

Se, ad esempio, il ragazzo sta studiando storia e si imbatte in un argomento di geografia, capirne gli sviluppi potrebbe non essere così immediato, ma ben venga! Perché chiedendo può approfondire e, di conseguenza, costruire un quadro generale che migliora il suo apprendimento e la sua cultura.

In definitiva la lettura pensante è uno strumento prezioso, che aiuta i ragazzi perché loro stessi devono capire che non sono bravi quando ripetono a menadito un argomento, ma quando sanno dire la loro su un certo argomento.

E Ora Parliamo delle Mappe

Da anni si è diffusa la ‘moda’ delle mappe.

Questi strumenti vanno benissimo se non si hanno difficoltà visuo-spaziali e se vengono realizzate dallo studente stesso.

Viceversa, le mappe possono diventare catastrofiche, perché tolgono allo studente la possibilità di ragionare sul testo, di riuscire a sintetizzare e di evitare di imparare a memoria (le statistiche di InStudio parlano chiaro)

In questo insieme rientrano inoltre gli studenti con difficoltà di lettura (dislessia), in quanto ci sono strumenti che permettono la lettura autonoma del testo, togliendo la fatica dovuta alla dislessia e agevolandone così la comprensione.

Per non parlare del fatto che i ragazzi, in questo modo possono (e devono) studiare autonomamente.

Siamo dure con le mappe perché a monte deve esserci un ragionamento ben fatto: chi aiuta uno studente sfornando mappe preconfezionate dovrebbe come minimo porsi la domanda su COME quel ragazzo può imparare a elaborare e diventare autonomo.

Ovviamente stiamo parlando di ragazzi che non hanno difficoltà cognitive.

In conclusione, le mappe possono essere uno strumento efficace e, come succede con tutti gli strumenti, bisogna saperlo usare.

Bisogna essere formati al meglio per poter personalizzare ogni intervento con i ragazzi.

Bisogna sapere come funziona l’apprendimento, conoscere le difficoltà e i disturbi dell’apprendimento.

Bisogna, soprattutto, saper guardare lo studente a 360 gradi senza mai sottovalutare gli aspetti emotivi che possono nascere in lui, come ad esempio ansia e i problemi di autostima.

Tutto questo significa lavorare per obiettivi. Quali? I voti? La promozione?

Beh, sicuramente il buon andamento scolastico è importante, ma l’autonomia dei ragazzi nella gestione dei compiti e dello studio è per noi fondamentale.

Perché è il presupposto essenziale per avere buoni voti.

Solo così si può creare uno stato di benessere nello studente che va a coinvolgere positivamente l’intero nucleo familiare e che può permettergli di apprendere, nel vero e pieno senso della parola.

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